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Violenza sulle donne, l’analisi di Michela Marzano

A seguire l’interessante articolo di Michela Marzano apparso su “La Repubblica” del 31-08-2018


Difficile capire cosa ci sia dietro i molteplici casi di violenze contro le donne. Le uniche costanti sono l’assenza di rispetto per le vittime e il sentimento di impunità

DI MICHELA MARZANO

Frustrazione? Impotenza? Impunità? Difficile capire cosa ci sia esattamente dietro i molteplici casi di stupri e violenze contro le donne segnalati in queste ultime settimane, prima a Jesolo, poi a Pescara, poi a Botricello, poi a Rimini e via di seguito fino al caso agghiacciante di una ventunenne violentata per più di cinque ore a Parma e a quello, forse ancora più raccapricciante, di una donna di quarantaquattro anni rinchiusa dal compagno per due settimane in una cassa di mele e abbandonata sull’autostrada Venezia-Milano. Stranieri o italiani, senza lavoro o imprenditori, i carnefici hanno storie e profili molto diversi. Serve a poco, allora, invocare l’ignoranza o la nazionalità, l’assenza di cultura o la miseria di questi uomini che odiano le donne e che le trattano come spazzatura. Le uniche costanti sono l’assenza totale di rispetto per le vittime e il sentimento di impunità.

È come se la violenza perpetrata nei confronti delle donne finisse sempre con l’autogiustificarsi, vuoi perché ci si immagina al di sopra di ogni legge, vuoi perché, quando ci si trova di fronte a una femmina tutto sembra lecito, vuoi perché la rabbia, l’impotenza, la frustrazione e la collera devono pur trovare un “oggetto” su cui riversarsi affinché il corso della propria esistenza possa tranquillamente riprendere.

Ma com’è possibile? ci si chiede ogni volta che accade. Cosa può mai passare per la testa di un imprenditore di Bolzano quando decide di chiudere in una cassa la compagna lasciandola imbavagliata e legata sotto il sole in autostrada solo perché la donna gli avrebbe risposto male? E per la mente di un noto commerciante di Parma quando invita nel proprio attico una ventunenne e la violenta per ore con un nigeriano cui chiede di portare della droga prima di chiamare un taxi e rispedire la ragazza a casa come se nulla fosse? Sembrano scene tratte da un film dell’orrore e che, però, non appartengono al mondo della fiction, ma alla realtà.

Una realtà fatta, molto probabilmente, di vuoti da colmare e di rabbia compressa. Ma anche e soprattutto di assenza di limiti, di egoismo e di individualismo sfrenato. Visto che quello che manca, ogni volta che questa violenza oscena viene perpetrata, è la capacità di rendersi conto che di fronte a sé c’è una persona che vive e soffre sulla propria pelle quella barbarie, e non un semplice oggetto a propria disposizione per sfogare la rabbia, vendicarsi di non si sa bene quale torto subito, o anche solo divertirsi.

Il problema è che viviamo in un’epoca in cui chiunque sembra rivendicare il diritto di fare qualunque cosa senza mai rendersi conto delle conseguenze dei propri atti. Anzi. Più si maltratta chi è debole e indifeso, più ci sente forti e ci si rassicura del proprio potere.
Ti schiaccio, quindi esisto. Sembra questa una delle norme in vigore oggi. Come può d’altronde un uomo accettare che la propria donna alzi la voce e si opponga al suo volere senza apparire fragile e poco virile? Come può contenere le proprie pulsioni quando soldi e successo sembrano legittimare il lasciarsi andare e il godere?

Queste molteplici violenze contro le donne non fanno altro che ribadire la crisi di un mondo in cui le regole della convivenza e del rispetto reciproco sembrano venute del tutto meno. Nonostante contraddicano, in fondo, l’umanità di chi questi gesti li commette, cancellando non solo il senso dell’esistenza altrui, ma anche quello della propria vita. Ciò che si annulla è quella presenza etica di cui tante volte ha parlato e scritto il filosofo francese Emmanuel Lévinas, spiegando come l’apparire del “tu” di fronte all'”io” sia la radice stessa della morale. Ma chi, oggi, crede ancora all’etica?

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